Durante il tennis l’arto inferiore viene utilizzato per generare energia che viene trasferita lungo la catena cinetica fino ad arrivare alla racchetta al momento del colpo. Il grado di movimento dell’anca e in particolare la sua rotazione permette l’efficace trasferimento di questa energia lungo la catena cinetica. Gli stress rotazionali ripetuti delle articolazioni sono cause già note di traumatismi da sovraccarico agli arti. Molti studi hanno evidenziato specifici adattamenti rotazionali della spalla dei tennisti professionisti, mentre ci sono poche informazioni se questi adattamenti rotazionali avvengano anche nell’anca. L’anca, quindi, agisce come parte di una catena cinetica che permette la generazione, la sommazione e il trasferimento di forze dagli arti inferiori alla mano ed alla racchetta.

Mentre è noto che la disfunzione della spalla (discinesia scapolo-toracica, deficit di rotazione interna della gleno-omerale) ed il mal di schiena sono state associate a lesioni del legamento collaterale ulnare del gomito nei tennisti, riaffermando il concetto di catena cinetica, il ruolo dell’anca nel determinare una lesione in qualsiasi altro punto della catena cinetica non è ancora stato ben definito. Una disfunzione dell’anca può aumentare gli stress su altre articolazioni e una perdita di rotazione interna dell’anca è stato associato con la lombalgia degli atleti.

E’ molto importante eseguire un esame fisico dell’atleta per evidenziare se ci siano deficienze del movimento o della forza che predisponga l’atleta stesso alla lesione. Durante l’esame fisico il movimento dell’anca viene comparato con l’altro lato e confrontato con la normale popolazione allo scopo di cercare se esiste un adattamento dell’anca all’attività sportiva e se questo adattamento comporta una storia di traumi all’anca o ad altra articolazione lungo la catena cinetica.

Nel 1996 Kibler et al., hanno riportato un limite di 30° di rotazione interna nella spalla dominante dei tennisti professionisti. Questo adattamento è stato osservato essere legato all’età ed al numero di tornei giocati. L’adattamento rotazionale della spalla è la risultante di ripetuti microtraumatismi ed il successivo ispessimento capsulare è stato associato ad un maggior rischio di lesioni all’arto superiore. Nei tennisti professionisti non è stato evidenziato un analogo adattamento rotazionale delle anche sia dominante sia contro-laterale. Solo un 8% dei tennisti professionisti presenta una limitazione superiore a 15° della rotazione dell’anca (rispetto alla contro-laterale). In generale non è stata evidenziata un’associazione tra il limite della rotazione dell’anca e l’età. Generalmente il gioco del tennis richiede un determinato posizionamento del corpo sia per il dritto che per il rovescio e gli stress rotazionali possono essere più bilanciati attraverso l’anca che attraverso la spalla, dove la catena cinetica coinvolge solo un arto superiore. E’ possibile pure che i vincoli ossei e capsulo-legamentosi siano più rilevanti nell’anca e siano anche meno adatti al concedere rotazioni rispetto agli ispessimenti capsulari della spalla. Spector et al. in uno dei più grandi studi che coinvolgeva ex atlete professioniste (che gareggiavano nel tennis e nella corsa) avevano il 250% in più di possibilità di avere osteofiti intorno all’anca confrontato con i controlli. Nello stesso studio si evidenziavano un doppio numero di osteofiti nelle anche delle tenniste confrontato con le marciatrici.

La muscolatura addominale gioca un significativo ruolo nella stabilità del tronco, costituendo un link meccanico tra l’arto inferiore e l’arto superiore nella catena cinetica, in particolare durate il servizio. Una storia di stiramenti addominali è riportata almeno nel 10% dei tennisti ed è stata trovata una forte correlazione tra i traumi dell’anca ed i tennisti con una positività al test di Thomas ed al segno dello scatto dell’ileo-psoas. Uno stiramento dei muscoli addominali nei tennisti è un trauma debilitante; generalmente colpisce il muscolo retto addominale sul lato non dominante e richiede 4-8 settimane per il recupero prima di tornare alle competizioni ed ha la tendenza a recidivare se il tennista rientra troppo presto alle gare. Una ipertrofia asimmetrica dell’ileo-psoas è noto che avvenga in un tennista; se all’esame clinico si riscontra un accorciamento dell’ileo-psoas deve essere raccomandato un programma di stretching con l’obiettivo di ridurre i rischi di lesione dei muscoli addominali. Sanchis-Moysi et al. hanno studiato con la risonanza magnetica il muscolo dell’ileopsoas ed i muscoli glutei nei tennisti professionisti come pure nei calciatori. Hanno dimostrato che i tennisti hanno un’asimmetrica ipertrofia dell’ileopsoas (invertita rispetto ai controlli non attivi), quindi con aumento di diametro dell’ileopsoas dell’anca non dominante. Poichè l’ipertrofia dell’ileopsoas può portare ad un dolore inguinale da tendinite o borsite i tennisti possono essere più suscettibili di queste patologie nei loro arti non dominanti

Un adeguato grado di movimento dell’anca è richiesto per trasferire l’energia dall’arto inferiore all’arto superiore lungo la catena cinetica. In particolare è richiesto un sufficiente grado di rotazione interna per la meccanica ottimale del movimento over-head. Burkhart et al. suggeriscono che l’interruzione della catena cinetica all’anca può condurre ad un trauma della spalla. Sostenendo che se si verifica una riduzione del trasferimento della forza dall’arto inferiore all’arto superiore ciò determina un aumento dello stress meccanico sull’arto superiore, perciò un aumento del rischio di infortunio sull’arto superiore. Ci sono alcuni dati che supportano questa teoria. Scher et al. riportano che i giocatori di baseball con storia di lesioni della spalla avevano una riduzione della rotazione interna nell’anca non-dominante rispetto a quelli che non avevano avuto dei traumi alla spalla. Comunque la media della riduzione era di soli 5°. Altri autori non riescono a trovare attinenze fra la limitazione del movimento dell’anca e le lesioni della spalla. Altre articolazioni che si trovano lungo la catena cinetica possono essere colpite a causa della perdita di movimento dell’anca; in un certo numero di studi è stata trovata un’associazione tra la perdita di rotazione interna dell’anca contro-laterale e la lombalgia

Vad et al. hanno osservato nei tennisti professionisti una riduzione della rotazione interna dell’anca dominante rispetto all’anca non-dominante con alta correlazione con presenza di lombalgia. L’anca dominante nel tennista viene sottoposta a ripetuti stress di forze durante il gioco con risultante contrattura capsulare e conseguente riduzione della rotazione interna. Studi precedenti hanno mostrato nei golfisti un aumento della rotazione dell’anca con cessazione della lombalgia. Perciò Vad et al. teorizzano che una riduzione dell’articolarità dell’anca aumenta le forze trasmesse alla regione lombare. Per cui un aumento del grado di articolarità rotazionale dell’anca diminuisce i carichi a livello della colonna vertebrale lombare. Inoltre Vad et al. hanno osservato una differenza statistica nell’estensione lombare, tra gruppo sintomatico e gruppo non sintomatico: è verosimile che la limitazione nella estensione lombare nel gruppo sintomatico sia legata non solo alla ridotta flessibilità da sovraccarico lombare ma anche al meccanismo protettivo di prevenire una ulteriore esacerbazione della lombalgia. Viene quindi teorizzato che le ripetute sollecitazioni torsionali sull’anca dominante determini una serie di microtraumi con formazione di un tessuto connettivale che comporti una contrattura capsulare e conseguente limitazione della rotazione interna dell’anca. Questa riduzione della rotazione interna determina una riduzione della produzione di forze e perciò aumenta il rischio di lesione, ripetendo e peggiorando il ciclo. E’ stato inoltre osservato che il deficit di estensione della regione lombare e altamente correlato alla lombalgia. Pertanto è fondamentale un programma di stretching nel trattamento dei tennisti con lombalgia.

Van Dillen et al. hanno eseguito un studio sulla rotazione passiva dell’anca in pazienti che praticavano attività sportiva con ripetute rotazioni delle anche e del tronco con e senza lombalgia. E’ stato evidenziato che gli atleti con lombalgia avevano una riduzione delle rotazioni e soprattutto una maggiore asimmetria della rotazione fra un’anca e l’altra. E’ stato osservato una maggiore limitazione della rotazione dell’anca sinistra rispetto alla destra. Nei pazienti senza lombalgia le rotazioni sono simili fra il lato destro ed il lato sinistro. Questo studio suggerisce che la limitazione del movimento dell’anca può essere uno dei fattori contribuenti allo sviluppo o alla persistenza della lombalgia negli atleti che eseguono attività sportive con importante sollecitazione rotazionale delle anche. Importante per prevenzione e strategie di cura per gli atleti che richiedono numerose rotazioni delle anche e del tronco.

Ellenbecker et al. riportarono che i tennisti maschi avevano in media una perdita di 10° rotazione interna dell’anca rispetto alla rotazione esterna, mentre nessuna differenza si è osservata nelle tenniste.

Nello studio di Young et al. le tenniste avevano tra i 9° ed i 16° in più di rotazione interna rispetto alla rotazione esterna perciò una minore perdita di rotazione interna aveva un minore effetto sulla funzione complessiva della catena cinetica. La relazione di causa ed effetto tra contrattura dell’anca in flessione e stiramento dei mm.addominali è altamente significativa. Questo studio è stato eseguito su tenniste professioniste ed i risultati non devono essere generalizzabili all’intera popolazione. Infatti, l’adattamento rotazionale della spalla che si osserva nei tennisti professionisti è stato dimostrato non avvenire nei tennisti amatoriali.

I tennisti sottopongono i loro corpi a forze estreme; l’articolazione dell’anca può essere sottoposta a forze fino a 5 volte superiori il peso del corpo durante l’attività come saltare correre o ruotare . Il colpo di dritto richiede una grande rotazione esterna che può aumentare il rischio di instabilità anteriore rotazionale e impingement posteriore. Attraverso i traumi ripetuti da sovraccarico o traumi diretti, si possono verificare lesioni delle strutture intra-articolari o peri-articolari. La maggior parte delle lesioni dell’anca sono infiammazioni dei tendini e dei legamenti dell’articolazione coxo-femorale o stiramenti muscolari. Generalmente questi tipi di lesione migliorano con il riposo, ghiaccio e varie terapie fisiche tradizionali. Se il dolore dell’anca non si risolve deve essere considerata la possibilità di una lesione che coinvolga la cartilagine articolare ed i labbro. Le lesioni labrali si evidenziano in genere con un dolore inguinale alle manovre rotazionali. Se c’è un labbro lesionato l’atleta ha tipicamente una sensazione di blocco dell’anca. Un noioso dolore indotto dall’attività che non migliora con il riposo è una subdola presentazione. Frequentemente il dolore è misconosciuto dal giocatore che si lamenta di uno stiramento inguinale cronico o di una ferita. Nell’atleta che presenta un dolore all’anca per più di 6-8 settimane e con segni clinici e radiografici di lesione labrale l’artroscopia dell’anca può essere l più appropriata cura per rimuovere o riparare il tessuto lesionato. Abrams et al. evidenziano che lesioni dell’articolazione dell’anca avvengono fra l’1% ed il 27% dei tennisti. Hutchinson et al. hanno riportato un’incidenza dello 0.8 per 1000 atleti adulti esposti ed una prevalenza di 1.3 lesioni dell’anca su 100 tennisti juniores. Vandervliet et al., sottolineano che il tennis sia un’attività ricca di movimenti esplosivi e ripetuti, che impone un grande carico di sforzi allo scheletro. Purtroppo nei giovani atleti di alto livello, vengono applicati gli schemi di allenamento come per gli adulti, senza considerare la vulnerabilità dello scheletro immaturo. Percentualmente gli arti inferiori sono soggetti a traumatismi per un numero raddoppiato rispetto agli arti superiori. Nei giovani atleti le apofisi (che sono le porzioni più delicate dello scheletro) dell’anca e della pelvi sono, più comunemente, soggette ad avulsioni. Queste lesioni possono essere sia acute che croniche. I traumi acuti possono essere sia diretti che da avulsione (più frequenti traumi legati ad improvvise contrazioni muscolari con azioni di taglio sulle apofisi); generalmente colpiscono la spina iliaca antero-inferiore, la spina iliaca antero-superiore, la cresta iliaca, la tuberosità ischiatica. L’età è compresa tra la pubertà e i 25 anni (momento in cui le apofisi saldano completamente). Gli atleti lamentano improvviso dolore alla tuberosità coinvolta, seguita da limite del movimenti e debolezza. L’esame clinico evidenzia gonfiore locale, perdita di forza evocato durante il movimento dell’arto coinvolto o durante la contrazione dei muscoli addominali. La diagnosi deve essere eseguita sempre con radiografie mirate (con proiezioni standard associate a proiezioni oblique o assiali), eventualmente eseguite anche nella porzione controlaterale per distinguere le avulsioni da apofisi non ancora completamente fuse. Altre indagini radiologiche TAC, RMN ed ecografie generalmente non sono richieste, ma possono completare lo studio dell’articolazione con studio di particolari (versamento, edema parti molli, irregolarità profilo osseo). Un ripetuto sovraccarico delle articolazioni può condurre alle avulsioni subacute e croniche. Queste lesioni si presentano in modo molto insidioso, con dolore localizzato a livello inguinale ma senza una chiara storia di trauma. Tipico esempio avviene all’inserzione prossimale del gracile e dell’adduttore alla sinfisi pubica ed alla branca ischio-pubica. Radiograficamente si possono osservare aree di rarefazione o anche aree litiche assomigliando per questo anche a patologie più aggressive come infezioni o neoplasie. Nelle fasi di guarigione si possono osservare anche una mescolanza di aree di osso litico e di aree di osso sclerotico. Possono occasionalmente essere osservate multiple avulsioni in differenti stadi di guarigione nello stesso paziente. La RMN e la scintigrafia sono molto sensibili per la diagnosi nelle fasi precoci della malattia. Un’altra lesione inserzionale cronica avviene all’inserzione del muscolo adduttore breve al 3° medio mediale della diafisi femorale ed è riferita a una avulsione cronica dell’inserzione distale dell’adduttore dell’anca. Raramente viene diagnosticata nella fase precoce ma può essere rivelata dall’apposizione periostale alla regione mediale del 3° medio prossimale della diafisi femorale nella fase avanzata. Queste patologie sono facilmente studiate sia con la RMN che con la scintigrafia. Generalmente il trattamento di queste avulsioni subacute e croniche è conservativo e guariscono facilmente con la riduzione dell’attività sportiva.

In conclusione, nei giocatori di tennis professionisti esiste l’associazione tra lo stiramento dei mm.addominali e la contrattura in flessione dell’anca e l’accorciamento dell’ileo-psoas. Mentre non ci sono evidenze di specifici adattamenti rotazionali dell’anca. Se viene identificata all’esame clinico una contrattura in flessione dell’anca allora deve essere eseguito un programma di stretching. Dovranno essere eseguiti ulteriori studi per valutare se questo programma di stretching possa ridurre i traumi addominali.